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Uragano Sandy a New York: il racconto di una nostra lettrice, II parte

se ti fossi persa/o la prima parte, leggila qui.

Lunedì 29, ore 2 p.m.
La CNN non fa che lanciare segnali allarmanti, le metro sono chiuse, le indicazioni sono preoccupanti: “fai la spesa e scappa !!”
Nei piccoli negozi alimentari tra la 6° e la 7° all’altezza della 55°, nessun nervosismo, nessuna fretta sottolinea l’imminenza dell’evento, neppure le commesse sono frettolose, affettano con cura il tacchino che chiediamo per cena, ci consentono di scegliere il pane senza metterci fretta (sanno che per ogni italiano il pane buono può rendere piacevole una cena consumata sul comò di una camera d‘albergo).

Per strada il vento ‘sale’, ma solo agli angoli e negli incroci si fa veramente intenso, la pioggia cade a scrosci violenti ma discontinui, chi si azzarda ad aprire l’ombrello va incontro ad una vera disfatta (dell’ombrello, s’intende!).

Arrivati in hotel verso le 15 troviamo la porta principale che affaccia sulla 7° sbarrata e il pittoresco, enorme, luccicante camion dei pompieri (quello bello che fa sognare tanti bambini) lampeggia nell’aria oramai livida e nervosa. Ma quanto sono alti questi vigili del fuoco di N.Y? La loro mole sottolineata dagli enormi impermeabili neri dalle strisce gialle riempie la il vasto locale d’ingresso, si muovono con discrezione, in silenzio tra la curiosità nascosta sotto atteggiamenti di noncuranza dei presenti. “Cos’è successo?” “dicono che siano caduti dei pezzi di cornicione”. Accesa la TV appare un’enorme gru che già ieri, come un grande trampoliere, sfidava la gravità e si ergeva superba sopra la struttura di mattoni e i tetti del teatro City Center, (il teatro sulla 55th Street tra 6th e 7th Avenue), ora mostra la sua superba ala ferita, penzolante: è proprio la gru che sovrasta il nostro hotel! Ecco cosa ci fanno i pompieri : controllano che non ci siano pericoli, transenna la 5th AV, sostano in compagnia dei police/man , aspettano che sia messa in sicurezza la grande ferita, ma il lavoro è complicato da Sandy. Per la verità le raffiche di vento non impressionerebbero nessun abitante di Trieste, ma a queste longitudini…

Insomma il tempo scorre lento, gli inviati delle Tv sostano con le loro cerate in mezzo agli incroci più ventosi, ma qui al riparo di una camera all’altezza della 56° strada (sulla 7th AV) nessuna, ma proprio nessun disagio. Verso le 11 p.m. esco da sola, vado a piedi a Times Squeare, saluto la telecamera in compagnia di due giapponesi, e torno a dormire. Neppure la notte ci riserva delle sorprese, al mattino acqua calda e luce elettrica non ci fanno mancare il loro calore.

Ma la città è ferita, le isole battute e sconfitte dalle raffiche di mare e di vento, a poche miglia dal nostro caldo rifugio le fragili case di legno crollate come fossero castelli di carta, il gas esplode e il fuoco contagia quartieri interi, acqua, fango e disperazione si riversano anche nelle nostre camere, ma solo dagli schermi TV.
È martedì pomeriggio, decidiamo di andare a Down Town. A piedi naturalmente.

racconto di MICOL T.8

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