We were strangers once too Times Square
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Nuova installazione artistica a Times Square per San Valentino

Che le reazioni contro le decisioni del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump siano ormai all’ordine del giorno è assodato, ma ciò non toglie che sia sempre sorprendente scoprire i tanti modi con i quali gli americani tentano di ribellarsi e di esprimere il proprio dissenso nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca insediatosi da poco.

L’ultima novità in questo senso proviene da New York, e – per essere più precisi – da Times Square, dove pochi giorni fa è stata mostrata una scultura inedita concepita e realizzata proprio come reazione alle promesse fatte (e per ora mantenute) in campagna elettorale da Trump.

La tradizione delle installazioni per San Valentino

E’ ormai da 9 anni che Times Square Alliance invita gli artisti in occasione del San Valentino a proporre un’installazione artistica da posizionare nella piazza più famosa di New York.

Quest’anno gli artisti vincitori hanno voluto unire San Valentino alle proteste anti-Trump.

Una foto pubblicata da chris mattle (@mattlestagram) in data:

L’opera: “We Were Strangers Once Too”

L’opera si intitola “We Were Strangers Once Too“, cioè “anche noi una volta siamo stati stranieri”: non è difficile capire quale sia il senso di questa frase, dopo le polemiche che negli ultimi mesi hanno visto protagonista il neo-presidente a stelle e strisce.

Trump già nel corso dei mesi che avevano preceduto la sua elezione aveva detto di essere intenzionato a costruire un muro tra gli Stati Uniti e il Messico e, più in generale, aveva messo in luce un sentimento xenofobo piuttosto evidente. Sentimento che è stato confermato, poi, negli ultimi giorni, con l’ormai celebre Muslim Ban, il bando che ha negato il permesso di giungere negli Usa alle persone che provengono da sette Paesi musulmani.

Con la scultura “We Were Strangers Once Too”, che si è aggiudicato il premio per il Times Square Valentine Heart, si vuole porre l’accento sul fatto che anche il popolo americano, a suo tempo, è stato straniero in casa d’altri: insomma, gli statunitensi di oggi non sono altro che i figli e i nipoti degli inglesi e degli europei che negli ultimi tre secoli hanno attraversato l’Oceano Atlantico. La proposta per l’installazione della scultura è arrivata, da parte dell’Office for Creative Research, lo studio che l’ha pensata, proprio a pochi giorni di distanza dall’insediamento ufficiale di Trump.



Quando poter visitare l’opera

L’inaugurazione dell’opera è andata in scena martedì 7 febbraio e sarà possibile visitarla fino al 5 marzo: tutti i newyorchesi e i visitatori hanno la possibilità di osservare e fotografare da vicino questa scultura a forma di cuore, che intende ricordare e omaggiare il ruolo fondamentale che l’immigrazione e gli immigrati hanno avuto per la creazione sia della nazione statunitense che della città di New York. La Grande Mela è una metropoli che vibra e che palpita, così come vibra e palpita l’opera, che è stata realizzata tramite l’impiego di più di trenta aste in metallo, di colore rosso e rosa con sfumature varie, che vanno a costituire un cuore.

In tutto le aste sono trentatré, e corrispondono alle diverse origini e alle diverse provenienze delle popolazioni straniere giunte sul territorio americano per dare il la alla nascita della nazione.

Una foto pubblicata da Illana Raia (@illanaraia) in data:

Dove si trova precisamente

Chi fosse interessato ad ammirare il cuore metallico ha la possibilità di farlo, come abbiamo detto, fino al prossimo 5 marzo recandosi a Duffy Square, tra la 46esima strada e Broadway. Da parte dell’Office for Creative Research è stato fatto notare che chi abita a New York dovrebbe, oggi più che mai, provare ad alzare la voce al fine di manifestare il proprio orgoglio per il fatto di vivere in una città composta anche e soprattutto da immigrati.

La scultura, in sostanza, è un ringraziamento nei confronti di tutte le comunità che fanno parte della Grande Mela per il contributo che ogni giorno forniscono. Il co-fondatore dello studio Jer Thorp ha sottolineato: “Non c’è dubbio che questa opera sia stata concepita come una reazione all’elezione di Trump: un modo tramite il quale tutti noi abbiamo voluto esprimere la nostra preoccupazione a proposito di quel che egli aveva detto nel corso della campagna elettorale, tra epiteti razzisti gridati ai quattro venti e proposte di barriere per gli stranieri”.

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